|
Riportiamo i passaggi più
significativi di alcune relazioni presentate al Convegno e una sintesi
del documento conclusivo.
Le relazioni integrali sono state pubblicate sul sito del Ministero dell'Ambiente.
EDO RONCHI, Ministro dell'Ambiente
Conoscenza, consapevolezza, capacità
per promuovere un modello culturale orientato alla sostenibilità
dello sviluppo
“Una buona politica ambientale richiede tre fattori di base,
tre precondizioni: conoscenza, consapevolezza, capacità.
Conoscenza di base e conoscenze specifiche sono necessarie per sapere
che l’ambiente ha una capacità di carico limitata,
che l’impatto ambientale è una funzione del numero
delle persone, del loro livello di consumo di risorse e di benessere
e delle tecnologie disponibili, che l'ecosistema locale o la biosfera
più in generale sono dei sistemi di relazione fra fattori
viventi e fattori non viventi e che in queste relazioni, note solo
in parte, lo squilibrio di una parte può produrre conseguenze
previste o impreviste su altre.
Conoscenze specifiche sono necessarie per non confondere l’effetto
serra con il buco nell’ozono, per sapere quali inquinanti
derivano dal traffico nelle città e quali rischi comportano
per la salute, per sapere quali inquinanti si trovano negli scarichi
idrici e quali rischi comportano, per sapere cosa succede se si
continua a tagliare le foreste o se si continua a ridurre a ritmi
accelerati il numero delle specie viventi e via dicendo.
Purtroppo il livello di conoscenza di base delle problematiche ambientali
è ancora scarso e quindi le politiche ambientali devono ancora
troppo spesso fare i conti con l’ignoranza ed il pregiudizio:
ignoranza dei costi ambientali, sociali ed economici di determinate
scelte, pregiudizio che porta a privilegiare alcuni aspetti di vantaggio
immediato e particolare, a scapito di interessi più generali
e rilevanti.
Ma anche un buon livello di conoscenza non basta se non c’è
un livello adeguato di consapevolezza.
La conoscenza di per sé non porta né alla coscienza
dei limiti (non abbiamo una Terra di scorta), né al principio
di precauzione (non si passa sotto un cornicione pericolante senza
aspettare che la tegola ci cada in testa) e né a considerare
l’ambiente una effettiva priorità (in particolare quando
non comporta un costo o un beneficio diretto e immediato, ma solo
un potenziale beneficio o rischio futuro, in particolare per le
future generazioni).
La consapevolezza della questione ambientale
è la maturazione di una convinzione, è una presa di
coscienza, non solo di singoli aspetti di un problema, non solo
di una problema fra i tanti, ma di una questione cruciale della
nostra epoca che avrà un ruolo sempre più importante
nella qualità della vita di ciascuno, nella qualità
sociale e dello stesso sviluppo economico.
Conoscenza e consapevolezza devono poi tradursi in capacità
di risposta, di soluzione, a vari livelli. Con adeguate capacità
tecniche e professionali, istituzionali e legislative, economiche
e industriali.
Molti problemi ambientali possono essere affrontati facendo meglio
con meno, migliorando il benessere riducendo il consumo di risorse,
moltiplicando l’efficienza nell’uso dei materiali e
dell’energia.
Queste capacità tecniche e professionali, fondate su una
conoscenza e consapevolezza ambientale, devono investire tutti i
settori economici: dall’industria all’agricoltura, dai
trasporti al turismo, dall’energia ai rifiuti, perché
solo così ci potrà essere una concreta prospettiva
di sviluppo sostenibile. E devono investire anche i consumi, le
abitudini gli stili di vita. Non può essere che la bicicletta
sia considerata dai giovani fuori moda; non è accettabile
che in città per ogni minimo spostamento si usi la propria
auto; nè che si acquisti un frigorifero senza neanche informarci
sui suoi consumi elettrici, che ancora troppe famiglie non facciano
la differenziazione dei propri rifiuti.
In fondo, consumi, abitudini e stili di vita ecologicamente sostenibili
richiedono un cambiamento anche dei processi informativi, formativi
ed educativi che hanno comunque un ruolo rilevante, anche se non
esclusivo, nell’orientare i comportamenti. Come viene più
volte richiamato anche nei documenti e negli atti di indirizzo della
Comunità europea, si tratta infatti di promuovere un modello
culturale orientato alla sostenibilità dello sviluppo e,
quindi, alla ricerca di quelle soluzioni innovative attraverso le
quali stabilire “sul campo” la coniugazione ambiente/sviluppo.
Il 5° Programma di azione in materia ambientale della Comunità
europea “Per uno sviluppo durevole e sostenibile. Programma
politico d’azione della Comunità europea a favore dell’ambiente
e di uno sviluppo sostenibile” (Guce C 138 17.5.93) ripropone
in diverse parti questo concetto laddove, nel definire lo sviluppo
sostenibile, ribadisce che “...ogni tipo di attività
dell’uomo, sia essa economica, sociale o culturale, dipende
dalla qualità delle interrelazioni tra la società
e il mondo della natura. Lo sviluppo è “reale”
solo se migliora la qualità della vita” e ciò
presuppone “la conservazione dell’equilibrio generale
e del patrimonio naturale, la ridefinizione di criteri e strumenti
di analisi costi/benefici nel breve, medio e lungo periodo e il
valore socio-economico reale dei consumi e della conservazione del
patrimonio naturale e una distribuzione e un uso più equi
delle risorse tra tutti i Paesi e le regioni del mondo”. Questi
obiettivi richiedono “...un grande cambiamento di mentalità
e modelli attuali di consumo e di comportamento” per realizzare
i quali sarà necessaria un’azione che si faccia carico
della “condivisione delle responsabilità a tutti i
livelli della società, dei governi nazionali, amministrazioni
regionali e locali, organizzazioni non governative, istituti finanziari,
settori della produzione e della distribuzione, nonché privati
cittadini” in quanto “il successo dello sviluppo durevole
e sostenibile dipende in grande misura dalle decisioni, dalle azioni
e dall’influenza dell’opinione pubblica”……
…… La Conferenza, che si apre oggi, vuole stimolare
la riflessione sui vari aspetti che caratterizzano attualmente il
ruolo dell’educazione ambientale posta di fronte a sfide e
scenari nuovi, che investono il mondo della scuola e il mondo del
lavoro. In particolare i temi dell’autonomia scolastica, della
formazione professionale, dello sviluppo locale, delle nuove tecnologie
sono solo alcuni dei terreni sui quali occorre ridefinire ruoli,
competenze e strategie che possano, funzionalmente, rendere l’educazione
e la formazione ambientale strumenti e supporti efficaci di tali
cambiamenti.
Un’educazione ambientale vista come
Educazione allo Sviluppo Sostenibile. E’ evidente quindi che
l’Educazione Ambientale non è circoscrivibile entro
i confini d’una nuova materia né si può identificare
con qualche contenuto preferenziale.
L’Educazione Ambientale si configura piuttosto come un modo
di intendere l’educazione, la scuola e la società.
Una disciplina che permei tutte le altre materie e intervenga a
tutto campo nell’ambito socio-economico-culturale.
Una Educazione che sia in grado di evidenziare la complessità
del mondo naturale ma anche di quello antropico.
Che abbia come obiettivo quello di costruire una mentalità
capace di pensare per relazioni, in una visione sistemica dell’ambiente
e di ispirare le proprie azioni al concetto di “limite”.
Un’educazione in grado di creare una cittadinanza consapevole
a livello locale e a livello globale.
ALFREDO MILANACCIO, Università di Torino
Partecipazione e società sostenibile
“……L’analisi della partecipazione propone
come strumento utile per un ordinamento cognitivo del campo almeno
quattro livelli della partecipazione stessa:
a. al “grado zero”, la partecipazione
come semplice e passivo comportamento di conformità
al ruolo: p.es. l’insegnante che ripete anno dopo
anno le stesse lezioni trite e obsolete e accetta fatalisticamente
la struttura dell’autorità e gli orientamenti culturali
dell’organizzazione di cui comunque è parte;
b. la partecipazione come interpretazione
del ruolo: p.es. l’insegnante che “si batte”
con impegno, entusiasmo e idee supplementari (e spesso non richieste)
per trasformare la struttura dell’autorità dell’organizzazione
di cui sente di essere parte;
c. la partecipazione come superamento del
ruolo, cioè come ri-definizione degli orientamenti
culturali dell’organizzazione: p.es. l’insegnante che
“trasferisce” dentro l’organizzazione le proprie
convinzioni, appartenenze, identità formatesi per lo più
all’esterno e, per dire, rivendica una scuola che sia imperniata
sull’educazione ambientale;
d. la partecipazione come azione collettiva,
cioè l’estensione degli attori sociali legittimati
a prendere parte ai processi decisionali (quindi, la loro inclusione
diretta o mediata nelle agenzie dell’esercizio del potere)
e l’estensione degli ambiti decisionali… Un discorso
non superficiale né soprattutto manipolatorio sulla partecipazione
si deve porre i seguenti quesiti: chi partecipa? con chi si partecipa?
dove si partecipa? per che cosa si partecipa? contro chi o che cosa
si partecipa?
La relazione fra partecipazione
e società sostenibile è forte, diretta e immediata…
… La società sostenibile, già
nelle dichiarazioni finali delle ONG alla Conferenza di Rio nel
1992, è stata concettualizzata come una costruzione–
non una benevola e illuminata elargizione “dall’alto”
– e lo stesso termine “costruzione” comprende
l’idea di partecipazione.
La società sostenibile può essere schematicamente
tematizzata in quattro aree, o percorsi, inter-dipendenti e co-dipendenti:
1) la crescita dello sviluppo umano, cioè
l’estensione delle opportunità di scelta per ogni individuo,
gruppo, cultura;
2) la riduzione delle povertà umane, nelle
quali il reddito monetario è solo una delle componenti e
neppure la più importante;
3) la riduzione delle diseguaglianze sociali, cioè
la riduzione dei fattori e degli ambiti dell’esclusione sociale;
4) l’affermazione del diritto alla vita per
ogni essere vivente, umano, animale, vegetale secondo i caratteri
peculiari della propria specie.
Naturalmente, il prerequisito funzionale alla costruzione di una
società sostenibile si esprime nel rifiuto forte della gerarchia,
concettuale e pratica, che vede l’economia comandare sulla
società, e gli indicatori e i parametri economici estendersi
in, ed occupare, ambiti sistemici estranei e impropri (alla cultura,
alla politica, al diritto, alle relazioni interpersonali).
MARIA BERRINI, Istituto di Ricerche Ambiente
Italia
Le Agende 21: strumenti per la crescita
della consapevolezza, per la costruzione di visioni condivise, per
l'attivazione del protagonismo sociale e della partnership locale
“L’Agenda 21 (“l’agenda delle cose da fare
nel 21° secolo”) è un Piano d’azione per
la sostenibilità, costruito e messo in pratica attraverso
un percorso che coinvolge attivamente, in tutte le sue principali
fasi, la comunità interessata
La diffusione di questo strumento, assunto come impegno per tutti
gli stati partecipanti alla Conferenza di Rio de Janeiro del '92,
ha ormai preso piede in moltissime realtà a livello internazionale,
con particolare diffusione a livello locale (Agende 21 Locali, sviluppate
nelle città o in gruppi di città tra loro confinanti).
Nel Regno Unito, anche grazie ad una politica nazionale di sostegno
e promozione, più dell’80% delle comunità locali
è da tempo impegnato in processi di Agenda 21 e percentuali
di diffusione simili si rilevano in altri paesi europei.
Il processo di Agenda 21 costituisce il cammino lungo il quale la
comunità locale innanzitutto rafforza la propria capacità
di analizzare e valutare la propria realtà e quindi consolida
la propria consapevolezza circa i problemi da affrontare e le opportunità
da valorizzare. Quando tutti gli attori sono disponibili e capaci
di mettersi realmente in gioco, ognuno con le proprie responsabilità
e risorse, questa risorsa diviene la premessa migliore per tentare
di costruire una “visione condivisa” circa priorità,
obiettivi, strategie da perseguire. Il concetto di “sviluppo
sostenibile” si può così declinare nel concreto
contesto delle specificità locali, ma con la disponibilità
a “guardare lontano”, tenendo in considerazione le problematiche
globali e di lungo periodo.
Si tratta di una svolta radicale nel modo
di comunicare e relazionarsi tra attori locali: l’amministrazione
pubblica deve smettere di svolgere un ruolo solo paternalista o
autoritario, i soggetti sociali devono giocare su terreni diversi
da quelli del conflitto o della testimonianza, i soggetti economici
devono ragionare anche in termini di interessi generali. Ognuno
deve soprattutto riconoscere le ragioni degli altri, cercando nel
contempo le soluzioni che possano soddisfare interessi, convinzioni
culturali e sistemi di valori il più possibile condivisi.
La stessa costruzione di un Piano d’azione (il documento conclusivo
del processo, a forte valenza operativa) impone a tutti i soggetti
di ragionare in maniera nuova: in modo integrato (“il mondo
tutto attaccato”), in una prospettiva multiobiettivo, individuando
le priorità, valorizzando le sinergie, selezionando le “cose
da fare” in funzione della disponibilità di risorse
(finanziarie, umane, di tempo) e in funzione della efficacia delle
soluzioni individuate.
In questo quadro l’educazione ambientale assume un ruolo essenziale
nel preparare gli attori del cambiamento a questo percorso. Servono
capacità di pensare alla realtà in modo integrato,
competenze tecniche di base diffuse, capacità di sintesi,
abitudine al dialogo e alla costruzione di esperienze di partenariato.
Si pensi inoltre alla opportunità di diffondere la capacità
di utilizzare gli indicatori ambientali e di sostenibilità,
strumenti che nei processi di Agenda 21 stanno diventando essenziali
per comprendere le tendenze e le priorità, per indicare la
direzione da seguire, per monitorare nel tempo il raggiungimento
dei risultati.
Nel contempo l'Agenda 21 locale rappresenta un'occasione di sperimentazione
sul campo di questo nuovo modo di educare al cambiamento. Se l'Italia
la saprà cogliere, la diffusione di Agende 21 locali potrà
rappresentare un laboratorio eccezionale per dare ai formatori lo
spazio di verificare e sviluppare le tecniche educative di cui si
discute in questa conferenza.
Ma soprattutto, le scuole di ogni livello e grado, gli insegnanti
e gli studenti, possono diventare protagonisti importanti dei processi
locali di Agenda 21, organizzandosi per partecipare alla discussione
e alla elaborazione di proposte e attivandosi infine per farsi carico
dell'attuazione di specifiche linee di azione, che le Agende 21
locali indicheranno come prioritarie "cose da fare per il 21°
secolo".
TITTI VINCENZA BRAGGION -Italia Nostra
Note metodologiche e organizzative su formazione
e strumenti formativi per educare alla percezione del “mosaico
ambientale”
“L’Associazione Italia Nostra,
da ormai cinquant’anni si è impegnata a promuovere
una serie di interventi culturali finalizzati a rendere consapevoli
i cittadini dell’importanza di sviluppare una coscienza culturale
e civile riguardo la necessità della salvaguardia del patrimonio
delle risorse naturali e culturali gravemente in pericolo. In quest’ottica,
fra le sue azioni, l’associazione ha considerato primario
dedicare particolare attenzione alla formazione di giovani e adulti
secondo tali modelli culturali, organizzando corsi di formazione
per insegnanti e molto materiale didattico-metodologico……
….la Scuola e il mondo della formazione professionale, non
possono rinunciare ad approfondire con adeguati strumenti metodologici
i problemi relativi a:
a) Percezione del paesaggio come mosaico ambientale e luogo
della memoria.
Un paesaggio non è solo immagine visiva di un ambiente ma
è anche il luogo dell’apprendimento. Spesso, l’idea
stessa di paesaggio viene attribuita ad un “altrove”,
distante da luoghi del vivere e del lavorare quotidiano, il più
delle volte impoveriti come diversità e come tracce di storia
ambientale (paesaggio/manufatto); in realtà anche il più
limitato degli skyline urbani è paesaggio e può essere
descritto in quanto tale.
Le potenzialità educative del paesaggio agiscono sulla:
memoria esperienziale: paesaggio come scenario dell'apprendere;
la memoria funzionale sarà perciò contestualizzata
cioè legata non solo al "come" ma anche al "dove"
si è appreso;
memoria affettiva: l'evoluzione delle neuroscienze ha rivelato che
sensorialità ed emozioni sono parte rilevante nel processo
di memorizzare. Perciò sentirsi "legati ad un paesaggio"
è parte dell'identità personale e sociale;
memoria relazionale: sapere riconoscere gli elementi che compongono
un paesaggio e le relazioni che fra essi intercorrono diventa (specie
nell'età evolutiva della scuola primaria) un’importante
mappa cognitiva. Perciò l'utilizzo di itinerari ambientali
(dal "vicino e noto" verso il "distante e sconosciuto")
è momento formativo delle relazioni individuo / ambiente
/ società.
b) Formazione di cittadini consapevoli dei fattori positivi
e negativi che derivano dalla differente gestione ambientale.
E’ questo un ambito in cui l’educazione scolastica e
permanente può incidere molto, perché dalle scelte
consapevoli può discendere una migliore qualità dell’ambiente
e della vita. Molti effetti negativi della gestione ambientale derivano
dall’ignoranza che i cittadini hanno della complessità
dei processi ambientali, di cui si conosce spesso solo una piccola
parte, ma che condizionano interamente la vita umana.
c) Responsabilità individuale nel rispetto delle
persone e degli ambienti di vita.
Responsabilità che comprende la consapevolezza della complessità
dei processi ambientali e l’atteggiamento che ogni uomo deve
avere rispetto alla conservazione del suo ambiente di vita. Un ambiente
armonioso e ordinato crea serenità interiore e spinge a comportamenti
più rispettosi nei confronti delle persone e delle cose.
Da questo ne consegue che l’Educazione
all’Ambiente e ai Beni Culturali per poter essere definita
tale, secondo noi, deve essere collocata alla base di tutto il processo
educativo ed essere sviluppata in maniera trasversale e continua
sia nell’ambito dei diversi linguaggi disciplinari sia nei
diversi livelli scolastici, fino ad occuparsi della formazione degli
operatori (museali, turistici, tecnici ecc.).
Pertanto, deve essere vissuta non in maniera sporadica ed occasionale
o a livello solo emotivo (come avviene ancora oggi molto diffusamente),
ma secondo progetti educativi a lungo termine che si sviluppino
per gradi di apprendimento, avviando i giovani a quelle nuove professionalità
di cui una seria politica ambientale ha bisogno per migliorare una
realtà divenuta ormai critica. La situazione invece risulta
confusa anche a causa della mancanza di capacità selettive
degli utenti, che spesso tendono ad attribuire ai cosiddetti “professionisti
dell’ambiente” un ruolo di educatori per il quale non
sono specificamente preparati.
Non si deve sottovalutare il fatto che chi promuove la formazione,
deve comprendere tutte le implicazioni che questo ruolo comporta,
non perdendo mai di vista le responsabilità e le competenze
degli specifici ambiti professionali.
Le competenze di chi svolge il ruolo di educatore in questo ambito,
secondo noi, debbono diversificarsi a seconda che siano esercitate
da docenti o da operatori di diverso tipo (tecnici, museali, guide
turistiche ecc.). Oggi la formazione professionale degli operatori
ai vari livelli si presenta molto eterogenea e squilibrata: in alcuni
casi richiede corsi di studio molto impegnativi, in altri casi avviene
semplicemente dopo aver frequentato corsi brevi e di discutibile
qualificazione.
Si assiste inoltre troppo spesso al prevalere di logiche di interesse
promozionale legate più a fini occupazionali o di mercato,
a scapito di un effettivo processo educativo.
In questi ultimi anni assistiamo ad una proliferazione di offerte
per “fare Educazione all’Ambiente e ai Beni Culturali”
provenienti da ambiti disparati, non sempre di buona qualità
e, a volte, anche di dubbia provenienza. Italia Nostra, di fronte
a questo problema, ritiene sia giunto il momento in cui le massime
istituzioni ministeriali e regionali, mettano un po’ di ordine
e di chiarezza in un campo così delicato e complesso.”
APPUNTI PER UN DOCUMENTO CONCLUSIVO
Il Comitato Tecnico Interministeriale tra Ministero
della Pubblica Istruzione e Ministero dell'Ambiente ha organizzato
la prima Conferenza Nazionale dell'educazione ambientale con l'intento
di costruire un'occasione per capire, per confrontarsi, per proporre
ed un luogo in cui il variegato mondo dell'educazione ambientale
potesse rappresentarsi……
“…… La prima idea nasce circa un anno fa. I primi
mesi sono stati dedicati all'individuazione del luogo, e qui incontrammo
subito la disponibilità del Comune e della Provincia di Genova
e della Regione Liguria, ed al reperimento delle prime indispensabili
risorse per avviare la preparazione della Conferenza, che furono
messe a disposizione dai due Ministeri e dall'ANPA.
Da allora abbiamo tentato di organizzare un percorso di avvicinamento
che, se ancora non si può definire “partecipato”,
certo ha curato con molta attenzione il coinvolgimento di numerosi
soggetti, inaugurando un metodo di lavoro del tutto nuovo nel mondo
delle istituzioni. In questo percorso la scelta decisiva è
consistita nell'organizzare le attività di sette gruppi di
lavoro, che hanno predisposto materiali su cui 200 partecipanti
alla Conferenza hanno dato il loro contributo.
Pensiamo che questo modo di procedere sia un segnale del tutto originale
nel tradizionale quadro istituzionale delle Conferenze Nazionali,
e che non sia un caso che l'idea sia nata proprio nel mondo dell'educazione
ambientale.
A Genova abbiamo voluto realizzare una sorta di città dell'educazione
ambientale, con tanti angoli e piazze in cui incontrarsi, con occasioni
di confronto, con stimoli per riflettere, capire e confrontarsi.
Non è stato un errore aver messo in parallelo eventi e momenti
di lavoro diversi. Era una scommessa, volevamo offrire un ventaglio
di occasioni in cui ciascuno potesse costruire il proprio percorso,
avendo a disposizione un tempo sufficientemente ampio. In molti
ci avevano sconsigliato dall'organizzare la Conferenza su quattro
giorni.
Abbiamo lanciato la sfida. I 2.100 partecipanti alla conferenza,
di cui 800 dal mondo della scuola, le 1700 presenze agli speaker's
corner, i 58 stand, i 60 pannelli della mostra sui lavori di gruppo,
ci dicono che la sfida è stata raccolta, che di questa occasione
c'era bisogno.
Certo, molte cose sono da migliorare e da modificare, ma forse abbiamo
dato un segnale importante e soprattutto abbiamo lanciato una nuova
sfida……
………Abbiamo voluto proporre
all'attenzione generale quelli che ci sembrano essere le due grandi
novità di questo inizio di secolo, ineludibili per chi si
occupa di educazione e di ambiente:
- i nuovi scenari in cui operiamo, impensabili solo cinque anni
fa;
- i cambiamenti nel sistema formativo.
Le dinamiche tra globalizzazione ed identità, tra modello
liberista e modello solidale, tra partecipazione ed interdipendenze
planetarie, tra coesione sociale e nuove tecnologie, tra lavoro
ed espansione del peso della comunicazione, e come tutto ciò
abbia a che fare con lo sviluppo sostenibile, tracciano un quadro
del tutto nuovo dove sono in campo non solo le conoscenze, ma, di
nuovo e ancora, valori, comportamenti, mentalità, forme e
metodi di governo, ricerca e realizzazioni. Soprattutto realizzazioni;
mai come ora le idee su uno sviluppo solidale tra gli uomini e con
l'ambiente, lo "sviluppo sostenibile", hanno bisogno di
realizzazioni, di esperienze, di dimostrare sul campo di poter avviare
pratiche efficaci….
…… non ha senso continuare a
fare educazione ambientale se non la si coniuga con l'autonomia
scolastica e con l'integrazione di sistemi……
… Oggi, quando la nuova architettura
del sistema formativo è essenzialmente disegnata, abbiamo
di fronte una grande battaglia perché il progetto culturale,
che dovrà ispirare le attività didattiche a scuola,
tenga conto del patrimonio metodologico, culturale, epistemologico
e organizzativo, che fino ad oggi ha costituito la ricchezza e la
forza dell'educazione ambientale.
In questi giorni sono emersi, nella discussione allargata, alcuni
nodi ricorrenti, che possono essere così sinteticamente indicati:
- lo sviluppo locale ed il ruolo dell'identità
(dei luoghi, dei soggetti, …)
- la partecipazione ed il ruolo di strutture di facilitazione
- l'idea di scuola e di territorio da costruire e diffondere, come
condizione del cambiamento dell'uno e dell'altra,
- la contaminazione degli approcci suggeriti dall'educazione ambientale,
dovuta alla ricorrenza di questioni similari in ambiti molto diversi
- il ruolo culturale "pervasivo" oggi dell'educazione
e della formazione
- la capacità e la necessità di avviare e di governare
il cambiamento
- la necessità di avviare percorsi di ricerca sui nodi emergenti
- la diffusione delle buone pratiche
Ne deriva la necessità di avviare un percorso
intrecciato di ricerca e azioni che ha bisogno di condividere
alcuni presupposti:
1. …… l'educazione ambientale
è un progetto culturale ed educativo di cambiamento, che
rende più cogente che mai l'opportunità di parlare
di educazione allo sviluppo (o alla società o alla civiltà)
sostenibile;
2. il sistema dell'e.a. e per lo sviluppo sostenibile, solidale
e partecipato, deve essere ad altissima capacità evolutiva,
quindi dinamico e capace di instaurare sempre nuove relazioni;
3. nel sistema dell'e.a. e per lo sviluppo sostenibile, solidale
e partecipato, esiste una dimensione nazionale oggi essenzialmente
rappresentata dall'INFEA, ed una dimensione regionale che dovrebbe
essere fortemente integrata tra i vari aspetti del sistema formativo;
sembra di poter dire che in tutti e due i casi si rende necessario
un momento di organizzazione “riconoscibile” del sistema
per l'e.a. e per lo sviluppo sostenibile, solidale e partecipato,
ed un forte impulso all'integrazione;
4. nonostante le novità in campo sia nel mondo della scuola
che negli altri ambiti (parchi, sviluppo locale, imprese) non sono
affatto dissolti i rischi di autoreferenzialità e di chiusura,
anzi, oggi più che mai il superamento dell'autoreferenzialità
è una battaglia strategica.
Dai lavori della Conferenza nasce un denso programma di indicazioni
e suggerimenti per intrecciare ricerca ed azione, finalizzate alla
diffusione di buone pratiche: sono indicazioni preziose, che dovranno
costituire il programma di lavoro del Comitato Tecnico Interministeriale………”
|