RISPETTARE LA DIVERSITA’
di William McDonough
traduzione di Franca Bossalino

<Se la diversità è il contesto in cui opera la natura, le soluzioni e i progetti umani che non la rispettano usurano il tessuto ecologico e culturale delle nostre vite>

Immaginate l’apparizione della vita sul nostro Pianeta
Ci sono rocce e acqua: materia.
La sfera del Sole emana calore e luce: energia.
Infine, nel corso di migliaia di millenni, attraverso processi chimici e fisici che gli scienziati non sono ancora in grado di spiegare compiutamente, compaiono batteri unicellulari. La nascita di alghe fotosintetiche verdi e azzurre determina un cambiamento abissale. La chimica e la fisica si combinano con l’energia solare nel pianeta verde e blu che noi tutti conosciamo.
Nutrendosi di energia solare si sviluppano i sistemi biologici e si scatena il finimondo.
La superficie del Pianeta pullula di forme di vita, una rete di organismi, piante e animali diversi, alcuni dei quali, miliardi di anni dopo, ispireranno potenti religioni, scopriranno cure per malattie mortali e scriveranno poesie appassionate.
A parte qualche catastrofe naturale- come un’era glaciale che congela grandi aree della superficie terrestre- questo modello non viene distrutto. Al ritirarsi dei ghiacci la vita ricompare. Ai tropici l’eruzione di un vulcano soffoca sotto le sue ceneri il territorio circostante.
Ma nel frattempo una noce di cocco è trasportata dall’acqua su una spiaggia, una spora o un ragnetto in balia del vento atterrano su una roccia friabile e la tela della natura riprende a essere tessuta. E’ un processo misterioso, ma miracolosamente tenace. Quando si trova di fronte al vuoto, la natura risorge e comincia a riempirlo.
E’ così che la natura porta avanti i suoi progetti: un fiorire di diversità, un tripudio di abbondanza.
E’ la risposta della Terra alla sua unica fonte di energia. Il Sole.
La risposta progettuale degli esseri umani, invece, potrebbe essere definita ‘un attacco omologante’.
Strati di cemento e asfalto cancellano foreste, deserti, paludi costiere, giungle, livellando tutto ciò che si trova sulla loro strada. Edifici insignificanti, monotoni, si innalzano in comunità le cui strutture edilizie, per decenni, per secoli, sono state belle e culturalmente caratterizzate. Luoghi un tempo ricchi di vegetazione e animali selvatici vengono ridotti in spazi marginali dove sopravvivono solo le specie più resistenti come la cornacchia, il topo, il piccione.
I paesaggi urbani sono appiattiti dalla coltivazione di prati di un solo tipo di erba, artificialmente incoraggiata a crescere, ma costantemente rasata, con siepi curatissime e pochi alberi rigorosamente potati. La monotonia dilaga, spazzando via, lungo il cammino, le caratteristiche dei luoghi. Sembra che cerchi soltanto altra monotonia.
Siamo dell’idea che questo processo sia una specie di de-evoluzione, una semplificazione di massa, che non si limita all’ecologia.
Per secoli su tutto il Pianeta la nostra specie ha dato vita a una varietà di culture, di modi di mangiare, parlare, vestire, pregare, esprimersi, creare.
Un’ondata di monotonia sta travolgendo la Terra da un mare all’altro, azzerando ogni peculiarità.
A questa ondata opponiamo il principio del rispetto della diversità, che non riguarda solo la biodiversità, ma anche la diversità dei luoghi e delle culture, dei desideri e delle necessità.
Come costruire una fabbrica in un clima desertico e renderla piacevolmente diversa da una costruita ai tropici?
Che cosa significa essere balinese o messicano ed esprimerlo?
Come possiamo arricchire le specie locali e invitarle nei nostri paesaggi ‘coltivati’ invece di distruggerle o cacciarle?
Come possiamo ricavare profitto e piacere dalla diversità dei flussi naturali di energia?
Come possiamo godere anche noi dell’abbondanza di materiali, di opzioni e risposte diverse, di soluzioni creative ed eleganti?

I migliori sopravvivono ma chi si adatta prospera.

La saggezza popolare sostiene che sopravvivono solo i migliori, i più forti, i più efficienti, i più grossi, forse anche i più cattivi, in poche parole chiunque vinca la competizione.
Ma, nei sistemi naturali sani e prosperi, è chi si adatta ad avere la meglio.
L’adattamento implica un rapporto di interdipendenza tra l’essere vivente, l’energia e i materiali del luogo in cui si trova a vivere…
…… La vitalità degli ecosistemi dipende dalle relazioni che vi si instaurano. Ciò che accade tra le specie, le loro abitudini e gli scambi di materiali e di energia in un dato luogo. Spesso per descrivere la diversità ci si affida alla metafora dell’arazzo: una tela riccamente intessuta di specie individuali tenute insieme da compiti interconnessi.
In un quadro come questo, diversità significa forza e monocultura significa debolezza.
Togliendo i fili, uno dopo l’altro, l’ecosistema diventa meno stabile, meno capace di fronteggiare catastrofi naturali e malattie, meno forte e capace di evolversi nel tempo.
Maggiore è la diversità e più funzioni protettive- per l’ecosistema e per il Pianeta- sono possibili.
Ogni membro di un ecosistema, perciò, dipende in una certa misura dagli altri.
Ogni creatura è impegnata nella conservazione dell’intero sistema; tutte lavorano in modo creativo ed efficace per il successo dell’insieme……
…Se prendiamo a modello la natura, che cosa significa per l’uomo impegnarsi a mantenere e arricchire questo vivace arazzo?
Anzitutto, condurre le proprie attività favorendo un ricco scambio con il luogo in cui si trova, e non soltanto con l’ecosistema, perché la biodiversità è solo un aspetto della diversità…… …Connettersi ai flussi naturali di energia ci permette di riconsiderare ogni cosa ‘alla luce del Sole’: il concetto stesso di centrale energetica, di energia, di abitazione e di trasporto.
Significa fondere tecnologie vecchie e nuove per trovare le soluzioni più intelligenti. Ma non significa diventare indipendenti.
Di solito si pensa che convertirsi all’energia solare sia un modo per abbandonare l’attuale infrastruttura energetica. Ma non intendiamo nulla del genere. Anzitutto, il passaggio a una nuova concezione del flussi energetici naturali dovrebbe essere graduale e l’impiego dei sistemi esistenti è una strategia di transizione sensata. Mentre vengono studiate e realizzate soluzioni migliori si potrebbero, per esempio, ideare sistemi ibridi che sfruttino insieme i flussi locali di energia rinnovabile e le fonti artificiali. In alcuni casi l’energia solare- ma anche quella eolica e idraulica- può essere incanalata nel sistema attuale di approvvigionamento energetico, diminuendo notevolmente il carico di energia artificiale necessaria con un notevole risparmio.
E’ ecoefficienza? Certamente sì. Ma lo è in quanto strumento al servizio di una visione più ampia, non fine a se stessa.
Nel lungo periodo la connessione ai flussi naturali di energia è un modo per ristabilire la fondamentale connessione alla fonte di ogni crescita sul Pianeta: il Sole, quello spettacolare impianto nucleare (esattamente quanto serve a noi per vivere) lontano 150 milioni di chilometri .
Anche a questa distanza il calore del Sole può essere devastante e richiede un rigoroso rispetto dei delicati equilibri che rendono possibili i flussi naturali di energia. Gli esseri umani sopravvivono sulla Terra nonostante siano esposti a radiazioni di calore e di luce così intense solo perché milioni di anni di processi evolutivi hanno creato l’atmosfera e una superficie compatibile con la nostra esistenza: il terreno, la flora e la copertura nuvolosa che rinfrescano il pianeta e distribuiscono l’acqua su tutta la sua superficie, mantenendo l’atmosfera e la temperatura che permettono la vita.
Quindi, ristabilire la nostra connessione con il Sole significa anche, per definizione, mantenere la nostra interdipendenza con tutte le variabili ecologiche che rendono i flussi energetici naturali possibili……
…… I sistemi naturali attingono al loro ambiente ma a loro volta danno qualcosa in cambio
Il ciliegio lascia cadere i suoi fiori e le foglie mentre assorbe acqua e produce ossigeno; le comunità di formiche ridistribuiscono i nutrienti nel terreno.
Noi possiamo seguire il loro esempio e creare un rapporto più stimolante con la natura, una specie di società; possiamo costruire fabbriche i cui prodotti e sotto-prodotti nutrano l’ecosistema con materiali biodegradabili e riutilizzare i materiali tecnici invece di scaricarli, bruciarli o seppellirli; possiamo progettare sistemi che si auto-regolano e, invece di usare la natura come un semplice strumento nelle mani dell’uomo, impegnarci per diventare strumenti della natura mettendoci al suo servizio.
Possiamo rendere il mondo più fecondo invece di continuare a tramandare un modo di pensare e di produrre che lo inaridisce ogni giorno di più……


estratto da:
W.McDonough, M.Braungart, Cradle to Cradle: Remaking the Way We Make Things, North Point Press, 2002


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