SICUREZZA, RESILIENZA E COMUNITA'
di David W. Orr, 2011
traduzione di Franca Bossalino

Che cosa significa “resilienza” a livello personale, sociale ed ecologico?
Una volta, si presumeva che la sicurezza locale- intendendo con ciò l’incolumità e l’accesso al cibo, all’acqua, all’energia, alla casa, e la  sussistenza- fosse sinonimo della nostra capacità di espandere il potere militare oltre le nostre sponde e  i nostri confini.
In questo senso, la sicurezza non aveva niente a che fare con il nostro modo di progettare, gestire e mantenere  le infrastrutture ambientali ed energetiche del paese o con la protezione della sua aria, delle acque, dei suoli, dei paesaggi, della diversità biologica e della salute pubblica. La sicurezza nel XXI secolo costituirà una sfida più complicata e difficile.
Oltre alle tradizionali sfide rappresentate dalla sicurezza, dobbiamo anche tener conto dei seguenti fatti:

  • le minacce del terrorismo alle infrastrutture critiche, in particolare la rete elettrica (Defense Science Board, 2007); la scarsità di cibo; la scarsità di acqua e il petrolio che sarà sempre più costoso  nel 2030 o anche prima, e che secondo John Beddington (consulente scientifico del governo britannico) costituiscono una “perfetta tempesta globale” (2009);
  • le implicazioni della rapida destabilizzazione del clima, comprese anche le migrazioni di massa che si stima raggiungeranno i 250 milioni a metà del secolo. L’enorme ondata di calore nel 2010 nella Russia centrale, caldo da record in Asia, alluvioni senza precedenti in Pakistan e il più grande ciclone della storia in Australia a febbraio del 2011, sono parte delle proiezioni fatte dalla maggior parte degli scienziati del clima e probabilmente sono anche un presagio di quello che ci aspetta nei prossimi anni;
  • l’aumento  della frequenza e delle conseguenze di eventi globali come la crisi finanziaria del 2008 o di incidenti tecnologici, fallimento delle infrastrutture e azioni divine. (Taleb, 2010). Il risultato, per dirlo con le parole di Joshua Cooper Ramo, è che “dobbiamo affrontare il tragico fatto che la nostra sicurezza sarà sempre più in pericolo”.

Dobbiamo anche affrontare una verità: nessun governo da solo può proteggere la sua popolazione in un mondo  di mosche bianche o dall’aumentare degli impatti della destabilizzazione del clima e della tempesta che probabilmente accompagnerà la transizione a un mondo  senza combustibili fossili. Cittadini, quartieri, comunità villaggi, città, regioni e corporazioni dovranno fare molto di più per assicurare un accesso  sicuro al cibo, all’energia, all’acqua pulita, alla casa e lo sviluppo, nei prossimi decenni. Stiamo raggiungendo i limiti politici, organizzativi ed ecologici delle imprese a grande scala –governative o corporative –se queste saranno le uniche fonti di risorse  per un pubblico passivo e dipendente. Non si tratta di discutere contro i cambiamenti della politica federale per promuovere lo sviluppo sostenibile, riformare il sistema delle tasse, impiegare energia pulita e migliorare i trasporti pubblici- cose che possono essere fatte meglio o semplicemente fatte dal governo federale. La realtà è che le comunità dovranno oggi, più che mai, sopportare la maggior parte del peso. La sicurezza nazionale e la sicurezza locale, in altre parole, sono adesso unificate  come parte di una storia  più grande in cui le considerazioni relative alla sicurezza, alla politica del clima e allo sviluppo sostenibile devono essere una cosa sola.

La sostenibilità, insomma, deve essere l’imperativo domestico e strategico del XXI secolo. La sua caratteristica principale è la resilienza- un concetto da lungo tempo familiare per gli ingegneri, i matematici, gli ecologisti, i designers e i pianificatori  militari.- che  indica la capacità di un sistema di “assorbire  gli urti;di subire i cambiamenti , mantenendo essenzialmente la stessa funzione, la stessa struttura e gli stessi ‘feedback’. (Walker and Salt, 2006, p. 32; Lovins and Lovins, 1983, chapter 13; Lovins, 2002). I sistemi resilienti sono caratterizzati dalla ridondanza  che fa sì che il fallimento di una delle componenti non provochi il collasso dell’intero sistema.

Un sistema resiliente consiste in diverse componenti che sono facilmente  riparabili, ampiamente distribuite, che costano poco, che vengono rifornite localmente che durano e che si accoppiano liberamente. Alcuni studi (Joshua Cooper Ramo) sulle reti alimentari, commerciali,  sui sistemi elettrici e sulla borsa hanno dimostrato che diventando sempre più densamente  collegati, i sistemi diventano anche meno resilienti- le reti dopo tutto propagano anche e amplificano  i disturbi.

Praticamente, la resilienza è una strategia progettuale che ha come scopo la riduzione della vulnerabilità, spesso accorciando le linee di approvvigionamento, migliorando la ridondanza nelle aree critiche, sostenendo la capacità locale e trovando le soluzioni per modelli più approfonditi della dipendenza e  della disabilità.   Tanto minore è la resilienza di un paese, tanto maggiore è la potenza militare necessaria a proteggere  i suoi vasti interessi e i suoi ‘stati clienti’- da cui  consegue che la probabilità della sopravvivenza delle guerre combattute per il petrolio, l’acqua il cibo e i materiali è maggiore. Le società resilienti, invece, non hanno bisogno di mandare la loro gioventù a combattere e morire sui campi di battaglia lontani […] Mentre siamo diventati vulnerabili a un’ampia gamma di minacce, una rivoluzione nel progetto di sistemi resilienti ha generato  silenziosamente per circa mezzo secolo lo slancio attuale  includendo anche cambiamenti rilevanti come:

  • alimentare gli edifici e le comunità interamente attraverso l’efficienza energetica e l’energia rinnovabile;
  • gestire i rifiuti in modo che vengano purificati dai processi naturali;
  • praticare l’agricoltura imitando i sistemi naturali;
  • usare tecnologie a  energia rinnovabile;
  • aumentare  l’ efficienza energetica;
  • adottare sistemi di produzione 'dalla culla alla culla'  e sistemi di produzione biomimetici che non creano rifiuti;
  • progettare ambienti urbani adottando strategie di crescita intelligente per costruire le città in modo ecologicamente coerente;
  • adottare strumenti per l’analisi dei sistemi per migliorare le previsioni, l’apprendimento dell’organizzazione e l’integrazione delle politiche.

Questi ed altri avanzamenti nella scienza, nella tecnologia e nella politica sono gli strumenti e le tecnologie per una società resa più sicura dal progetto, perciò più resiliente di fronte alla distruzione, sia questa  dovuta alla cattiveria, al cambiamento climatico, agli incidenti,all’errore umano o alla volontà divina. Sono i necessari fondamenti per politiche che siano meno provocatorie nei riguardi delle altre nazioni e che rendano meno probabili i conflitti globali mentre ci si impegna sui seguenti fronti:

  •  riduzione del bilancio dei pagamenti dei deficit per l’importazione del petrolio;
  •  eliminazione della nostra dipendenza dalle regioni politicamente instabili;
  • taglio dei costi militari associati alla dipendenza dal petrolio;
  • eliminazione delle emissioni di carbonio;
  • preparazione della prossima generazione a vivere e sopravvivere in economie e società calibrate per lavorare con i sistemi naturali;
  • crescita  della   prosperità creando posti di lavoro e attività commerciali sostenibili; rafforzamento della  capacità delle comunità a contrastare gli effetti della destabilizzazione climatica, delle nuove minacce alle infrastrutture critiche e della distruzione dell’economia globale.  

Detto in modo diverso, la sicurezza nazionale è troppo importante per essere lasciata unicamente nelle mani dei generali, e dei politici di Washington. Sarà necessario che i quartieri, le comunità, le città piccole e grandi e le regioni aumentino la loro resilienza e sicurezza per mezzo delle iniziative e delle previsioni. Il progetto dell’ Oberlin College è un esempio- ma ce ne sono tanti altri- a scale differenti e in differenti regioni. Abbiamo cominciato a costruire una “rete di sicurezza nazionale dei siti  dei progetti e delle città sostenibili” per aumentarne la resilienza locale e regionale tenendo conto delle  plausibili condizioni future.
Togliamo la parola “nazionale” e immaginiamo ‘una rete globale di ‘città, regioni e organizzazioni in transizione’ (Hopkins, Manuale pratico della Transizione: Dalla dipendenza dal petrolio alla forza delle comunità locali); una rinascita- alimentata dal sole- delle abilità locali, dell’indipendenza, della cultura e della sicurezza nel senso pieno. Immaginate un mondo in cui, un giorno, nessun bambino debba avere  paura della  violenza, della fame, della sete, della povertà, dell’ignoranza, della mancanza di una casa, del calore e delle tempeste che superano ogni immaginazione.

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