LA PIU’ GRANDE DELLE RISORSE: L’EDUCAZIONE
di E.F. SCHUMACHER
traduzione di Franca Bossalino

In tutta la storia e virtualmente in ogni parte della terra gli uomini hanno vissuto moltiplicandosi e creando alcune forme di cultura. Sempre e dovunque hanno trovato i mezzi di sussistenza e qualcosa da conservare. Si sono costruite le civiltà, che si sono prima sviluppate e- in molti casi- sono decadute e si sono estinte.
Non è questo il luogo per discutere sul perché si siano estinte; ma possiamo dire che deve essere venuta meno qualche risorsa; dal momento però che, in molti casi, sulla stessa terra sono nate nuove civiltà, ciò sarebbe assolutamente incomprensibile se si fosse trattato semplicemente di risorse materiali. Come avrebbero potuto tali risorse rigenerarsi?
Tutta la storia, come pure tutta l’esperienza presente, ci dice che la risorsa principale non è la natura, ma l’uomo e che l’elemento chiave di tutto lo sviluppo economico nasce dalla mente dell’uomo. Improvvisamente, c’è un’esplosione di audacia, di iniziativa, di invenzione, di attività costruttiva, non in uno solo ma- simultaneamente- in molti campi. Nessuno può dire da dove scaturisca, ma possiamo vedere come permane e come si rafforza attraverso una varietà di scuole; in altre parole, attraverso l’educazione. Perciò, molto concretamente, possiamo dire che l’educazione é la più vitale delle risorse.
Se la società occidentale è in uno stato di crisi permanente non è inverosimile suggerire che qualcosa non va nella sua educazione. Nessuna civiltà, sono sicuro, ha mai dedicato più energie e risorse all’educazione organizzata e, se non crediamo in niente altro, certamente crediamo che l’educazione è - o dovrebbe essere- la chiave per qualunque cosa... ...Se l’era nucleare e’ portatrice di nuovi pericoli; se il progresso dell’ingegneria genetica apre le porte a nuovi abusi; se il commercialismo fornisce nuove tentazioni- la risposta deve essere una maggiore e migliore educazione. Il modo di vivere moderno sta diventando sempre più complesso: ciò significa che tutti debbono avere un’educazione più elevata. Recentemente si è detto : <... si auspica che nel 1984 il più comune degli uomini non avrà alcun imbarazzo nell’usare la tavola dei logaritmi, i concetti elementari del calcolo e nel definire ed usare parole come elettrone, coulomb, e volt. E che, inoltre, sarà diventato capace non solo di maneggiare una penna, una matita e un righello ma anche un nastro magnetico, una valvola e un transistor. Il progresso della comunicazione tra gli uomini dipende da questo>
Sembra, soprattutto, che la situazione internazionale richieda dei prodigiosi sforzi educativi. Una dichiarazione importante su questo punto fu rilasciata qualche anno fa da Sir Charles Snow (ora divenuto Lord) nella sua Conferenza di Rede: <Dire che dobbiamo educarci o perire e’ un po’ più melodrammatico di quanto i fatti giustifichino. Dire che dobbiamo educarci o nel corso della nostra vita assisteremo a un rapido declino e’ quasi giusto.>
Secondo Lord Snow, i Russi apparentemente stanno facendo meglio di qualunque altro popolo e “avranno un netto vantaggio “a meno che- e fino a che- gli americani e noi stessi non educheremo la nostra sensibilità e la nostra immaginazione.
Si ricorderà che Lord Snow parlò delle “Due Culture e la Rivoluzione Scientifica” esprimendo la sua preoccupazione: <... la vita intellettuale dell’intera società occidentale si sta separando sempre più in due polarità......Da una parte abbiamo gli intellettuali letterati...dall’altra gli scienziati.> La scienza e l’ingegneria producono know-how; ma il know-how in sé non è niente.
E’ un mezzo senza un fine, una pura potenzialità, una frase non finita. Il know-how è cultura quanto un pianoforte è musica. Può l’educazione aiutarci a finire la frase, a trasformare la potenzialità in realtà, a beneficio dell’uomo?
Per fare ciò il compito dell’educazione sarebbe, innanzi tutto e sopratutto, la trasmissione di idee di valore, idee su che cosa fare con le nostre vite. Non c’e alcun dubbio sulla necessità di trasmettere know-how ma questo deve essere al secondo posto, perchè è, ovviamente, alquanto azzardato mettere un grande potere nelle mani delle persone senza avere la certezza che queste abbiano un’ idea ragionevole sul come e a quale scopo usarlo. Attualmente non si può metter in dubbio che l’intera umanità sia in pericolo, non perchè ci manchi il know-how scientifico e tecnologico, ma perchè tendiamo a usarlo per distruggere, senza saggezza.
Più educazione può aiutarci soltanto se produce più saggezza. L’essenza dell’educazione, a mio parere, è la trasmissione dei valori, ma i valori non ci aiutano a scegliere la strada nel corso della vita, a meno che non siano diventati nostri: una parte, come si dice, del nostro make-up. Ciò significa che i valori sono più che semplici formule o asserzioni dogmatiche: che noi pensiamo e sentiamo con quelli, che sono proprio gli strumenti attraverso i quali noi guardiamo, interpretiamo il mondo e ne facciamo esperienza. Quando noi pensiamo, non pensiamo soltanto: pensiamo con le idee. La nostra mente non e’ una vuota tabula rasa. Quando cominciamo a pensare possiamo farlo solo perchè la nostra mente è già piena di ogni genere di idee con cui pensare.
Durante la gioventù e l’adolescenza, prima che la mente cosciente e critica cominci ad agire come una specie di censore e guardiano della soglia, una moltitudine di idee si infiltra nella nostra mente. Questi anni si potrebbe dire che sono gli anni bui durante i quali riceviamo semplicemente un’eredità; è solo negli anni successivi che gradualmente impariamo a selezionare la nostra eredità. Innanzitutto c’e’ il linguaggio. Ogni parola e’ un’idea. Se il linguaggio che penetra dentro di noi durante gli anni bui è l’inglese, la nostra mente viene attrezzata da un insieme di idee che è notevolmente differente da quello rappresentato dal cinese, dal russo, dal tedesco o perfino dall’americano. Accanto alle parole ci sono le regole del metterle insieme: la grammatica, un altro pacchetto di idee il cui studio ha affascinato alcuni filosofi moderni a tal punto che hanno pensato di poter ridurre l’intera filosofia allo studio della grammatica.
Tutti i filosofi- e non solo - hanno sempre posto moltissima attenzione alle idee viste come il risultato del pensiero e dell’osservazione; nei tempi moderni invece troppo poca attenzione si è data allo studio delle idee che costituiscono proprio quegli strumenti per mezzo dei quali pensiero e osservazione procedono. Sulla base dell’esperienza e del pensiero consapevole le piccole idee possono venire rimosse, ma quando si tratta di idee più grandi, universali, o più sottili, può non essere tanto facile cambiarle. Infatti, è spesso difficile prenderne coscienza, dal momento che sono strumenti e non il risultato del nostro pensiero- allo stesso modo in cui riusciamo a vedere quello che e’ fuori di noi ma non riusciamo facilmente a vedere quello con cui vediamo, cioè l’occhio stesso.
E anche quando se ne fosse presa coscienza è spesso impossibile giudicarle sulla base dell’esperienza comune. Spesso notiamo l’esistenza di idee più o meno fisse nella mente degli altri- idee con cui pensano senza rendersi conto di farlo.
Le chiamiamo pregiudizi, che è logicamente corretto perchè sono semplicemente entrate nella mente e non sono in alcun modo il risultato di un giudizio. Ma la parola pregiudizio è in generale applicata a idee che sono palesemente erronee e riconoscibili come tali da chiunque, tranne che da chi le ha. Molte delle idee con cui pensiamo non sono affatto di quel genere. Ad alcune di esse non possono nemmeno applicarsi le nozioni di verità o di errore, come quelle incorporate nelle parole e nella grammatica; altre non sono propriamente pregiudizi, ma il risultato di un giudizio; altre ancora sono tacite assunzioni o presupposizioni che può essere molto difficile riconoscere.
Perciò dico che noi pensiamo con o attraverso idee e che quello che più in generale chiamiamo il pensare è l’applicazione di idee che pre-esistono a una determinata situazione o a un insieme di fatti. Quando pensiamo, per esempio, alla situazione politica, applichiamo a quella situazione le nostre idee politiche, più o meno sistematicamente e tentiamo di rendere quella situazione intelleggibile a noi stessi attraverso quelle idee. Similmente in qualunque altro caso. Alcune idee sono idee di valore, cioè a dire, noi valutiamo la situazione alla luce delle nostre idee-valori.
Il modo in cui facciamo esperienza e interpretiamo il mondo, ovviamente, dipende molto dal genere di idee che ci riempiono la mente. Se sono prevalentemente modeste, deboli, superficiali e incoerenti, la vita apparirà insipida, non interessante, banale e caotica. E’ difficile sopportare il sentimento di vuoto che ne deriva e il vuoto della nostra mente può soltanto essere riempito da qualche grande e fantastico concetto- politico o altro- che improvvisamente sembra illuminare ogni cosa e dare significato e scopo alla nostra esistenza. Non c’è bisogno di sottolineare che proprio in ciò sta il grande pericolo del nostro tempo.
Quando si chiede ‘educazione’, si intende qualcosa di più che la semplice istruzione, qualcosa di più che la semplice conoscenza dei fatti. Forse non si sa nemmeno che cosa si sta cercando; io credo che quello che si cerca davvero sono idee che rendano il mondo e la vita di ciascuno più comprensibili a noi stessi. Quando una cosa è comprensibile si sente di partecipare; quando una cosa non lo è ci si sente estranei. Se la mente non può affrontare il mondo con una serie- o, dovremmo dire, con una attrezzatura di idee potenti, il mondo deve apparirle un caos, una massa di fenomeni scollegati, di eventi privi di senso. In questo caso l’ uomo è una persona in una terra straniera priva di qualunque segno di civilizzazione, senza mappe o cartelli stradali o indicazioni di alcun genere. Niente ha significato per lui, niente può catturare il suo interesse vitale; non ha alcun mezzo per rendere alcunché comprensibile a se stesso. Tutta la filosofia tradizionale è un tentativo di creare un sistema ordinato di idee per mezzo delle quali vivere e interpretare il mondo. L’estraneamento alimenta la solitudine e la disperazione, l’incontro con il niente, il cinismo, i vuoti gesti di sconfitta, come possiamo vedere nella maggior parte della filosofia esistenzialista e nella letteratura oggi.
Allora, qual’è la causa dell’estraneamento? La scienza non è mai stata più trionfante, il potere dell’uomo sul suo ambiente non è mai stato più completo né il suo progresso più veloce. Non può essere una mancanza di know-how la causa della disperazione, non solo di pensatori religiosi come Kirkegaard, ma anche di illustri matematici e scienziati come Russell e Hoyle.
Noi sappiamo fare molte cose, ma sappiamo che cosa fare?
Ortega y Casset pone la questione in modo succinto: <Non possiamo vivere al livello umano, senza idee. Da queste dipende quello che facciamo. Vivere è, né più e né meno che il fare una cosa invece di un’altra>. Che cos’è allora l’educazione? E’ la trasmissione di idee che mettono in grado l’uomo di scegliere una cosa o un’altra, o, per citare ancora Ortega, <di vivere una vita che sia qualcosa al di sopra della tragedia senza senso o del castigo interiore>
Come potrebbe, ad esempio, una conoscenza della Seconda Legge della Termodinamica aiutarci in questo? Lord Snow ci dice che alle persone colte che deplorano l’analfabetismo degli scienziati a volte domanda: <Quanti di voi potrebbero descrivere la Seconda Legge della Termodinamica?> La risposta, dice, è, in genere, fredda e negativa. <Eppure> seguita <ho chiesto qualcosa che riguarda l’equivalente scientifico di ‘Avete letto un’opera di Shakespeare?’> Tale affermazione sfida le fondamenta della nostra civiltà. Quello che conta è l’attrezzatura di idee con le quali, per mezzo delle quali, attraverso le quali, facciamo esperienza del mondo e lo interpretiamo. La Seconda legge della Termodinamica non è niente più che un’ipotesi operativa adatta a vari generi di ricerca scientifica. Dall’altra parte c’è un’opera di Shakespeare: traboccante delle idee più vitali sullo sviluppo interiore dell’uomo, mostra la grandezza e la miseria dell’esistenza umana. Come potrebbero queste due cose essere equivalenti?
Che cosa manca a me, in quanto essere umano, se non ho mai sentito parlare della seconda legge della Termodinamica? La risposta è: niente. E che cosa perdo se non conosco Shakespeare? A meno che io non derivi la mia capacità di comprendere da un’altra fonte, la risposta è: perdo semplicemente la mia vita. Dovremmo raccontare ai nostri bambini che una vale l’altra- un po’ di conoscenza della fisica qui e li un po’ di conoscenza di letteratura?
Se faremo così le colpe dei padri ricadranno sui figli fino alla terza e alla quarta generazione, poiché questo è il tempo che ci vuole- di solito- dalla nascita di un’idea alla sua piena maturità, quando riempie le menti di una nuova generazione e fa si che quelle pensino per mezzo di essa. La scienza non può produrre idee per mezzo delle quali possiamo vivere. Perfino le grandi idee della scienza non sono che ipotesi operative, utili agli scopi di ricerche speciali, ma completamente inapplicabili per condurre la nostra vita o per interpretare il mondo.
Pertanto, se un uomo cerca l’educazione perchè si sente estraniato e stupito, perchè la sua vita gli sembra vuota e insignificante, non può trovare quello che cerca studiando le scienze naturali, o acquisendo know-how . Questo studio ha il suo proprio valore che non sono incline a sminuire, ci dice come le cose funzionano in natura o nell’ingegneria, ma non ci dice niente sul significato della vita e non può in alcun modo curare lo estraneamento e la segreta disperazione.
Dove, allora, dovrà rivolgersi? Forse, a dispetto di tutto ciò che sentiamo dire sulla rivoluzione scientifica e sul fatto che la nostra è l’età della scienza, si rivolgerà alle cosiddette discipline umanistiche. Qui, infatti, possiamo trovare, se siamo fortunati, idee grandi e vitali con cui riempire la nostra mente, idee con le quali pensare e attraverso le quali costruire il mondo e la società e rendere la nostra stessa vita intelleggibile. Vediamo quali sono le principali idee che probabilmente troveremmo oggi. Non proverò a farne una lista completa; mi limiterò ad enumerare sei idee guida, tutte germogliate nel XIX secolo e che ancora oggi dominano, per quello che posso vedere, le menti delle persone educate.

1. C’è un’idea di evoluzione per cui le forme superiori si sviluppano continuamente dalle forme inferiori secondo una specie di processo naturale e automatico. Gli ultimi cento anni hanno visto la sistematica applicazione di questa idea a tutti gli aspetti della realtà senza eccezioni.

2. C’è l’idea della competizione, della selezione naturale e della sopravvivenza delle specie più adattabili, il che significa spiegare il processo naturale e automatico dell’evoluzione e dello sviluppo.

3. C’è l’idea che tutte le più alte manifestazioni della vita umana, come la religione, la filosofia, l’arte etc.- quelle che Marx chiama le fantasmagorie del cervello umano- non siano altro che necessari integratori del processo materiale della vita, una sovrastruttura eretta per mascherare e promuovere gli interessi economici, poiché l’intera storia umana è la storia delle lotte di classe.

4. In competizione- si potrebbe pensare- con l’interpretazione marxista delle manifestazioni più alte della vita umana, c’è l’interpretazione freudiana che le riduce agli oscuri rimescolamenti del subconscio e le spiega semplicemente come il risultato dei desideri incestuosi non realizzati durante la fanciullezza e la prima adolescenza.

5. C’è l’idea generale del relativismo, che nega tutti gli assoluti, dissolve tutte le norme e gli standard , porta a minacciare profondamente l’idea di verità nel pragmatismo e influisce anche sulla matematica che è stata definita da Bertrand Russel come <l’argomento nei confronti del quale non sappiamo mai di che cosa stiamo parlando o se quello che diciamo è vero>

6. Infine c’e’ l’idea trionfante del positivismo, quella valida conoscenza che si può ottenere solo attraverso il metodo delle scienze naturali e per cui nessuna conoscenza è genuina a meno che non si basi su fatti generalmente osservabili. Il positivismo, in altre parole è interessato unicamente al know-how e nega la possibilità della conoscenza oggettiva dei significati e delle intenzioni di qualunque genere essi siano.

Nessuno, credo, sarà disposto a negare la portata e il potere di queste sei grandi idee. Queste non sono il risultato di un angusto empirismo. Nessuna di esse potrebbe essere stata verificata dalle ripetute indagini dei fatti. Queste idee rappresentano dei formidabili balzi dell’immaginazione nell’ignoto e nel non conoscibile. Naturalmente il balzo e’ fatto da una piccola piattaforma di fatti osservabili.
Queste idee non avrebbero potuto alloggiare tanto stabilmente nelle menti degli uomini, se non avessero contenuto importanti elementi di verità . Ma la loro caratteristica essenziale è la pretesa di universalità. L’evoluzione trascina ogni cosa lungo il suo cammino, non solo i fenomeni materiali, dalle nebulose all’homo sapiens, ma anche i fenomeni mentali, come la religione e il linguaggio. Competizione, selezione naturale, e la sopravvivenza del più adattabile, non sono presentate come una serie di osservazioni tra le altre ma come leggi universali. Marx non dice che alcune parti della storia sono storia delle lotte di classe; no, il materialismo scientifico, non molto scientificamente, estende questa parziale osservazione a nient’altro che alla <totalità della storia delle società fin qui esistite>
E, ancora, Freud non si accontenta di riportare un certo numero di osservazioni cliniche ma fornisce una teoria universale della motivazione umana, asserendo, per esempio, che tutta la religione non e’ altro che una neurosi ossessiva. Relativismo e positivismo, naturalmente, sono dottrine puramente metafisiche, con una distinzione peculiare e ironica che è quella di negare la validità di tutta la metafisica, se stesse comprese.
Che cosa hanno in comune le sei grandi idee, oltre alla loro natura non empirica ma metafisica?Tutte affermano che ciò che prima era stato considerato come qualcosa di ordine superiore è in realtà niente altro che una manifestazione più sottile dell’inferiore- a meno che, in verità, proprio la distinzione tra superiore e inferiore non venga negata. Perciò l’uomo, come il resto dell’universo, non è veramente altro che una disposizione accidentale di atomi.
La differenza tra l’uomo e la pietra è poco più che un’apparenza ingannevole. Le più alte affermazioni culturali dell’uomo non sono altro che ingordigia economica mascherata o il defluire delle frustrazioni sessuali. In ogni caso, è inutile dire che l’uomo dovrebbe tendere al superiore piuttosto che all’inferiore, perchè nessun significato intellegibile può essere riferito a nozioni puramente soggettive quali quelle di superiore e inferiore, mentre la parola ‘dovrebbe’ è segno di megalomania autoritaria.
Le idee dei padri del XIX secolo sono ricadute sulla terza e quarta generazione che sono vissute nella seconda metà del XX secolo. Per i padri, queste idee erano il risultato dei loro processi intellettuali. Nella terza e quarta generazione, sono diventate strumenti attraverso i quali si è percepito ed interpretato il mondo. Coloro che producono le idee raramente sono governati da esse. Ma le loro idee acquistano potere sulle vite umane nella terza e quarta generazione, quando sono divenute parte di una grande quantità di idee, compreso il linguaggio, che vengono assorbite dalla mente dell’individuo durante i suoi anni bui
Queste idee del XIX secolo alloggiano stabilmente nella mente di quasi tutti gli occidentali, ancora oggi, siano o no educati. Nelle menti non educate sono ancora piuttosto farraginose e nebulose, troppo deboli per rendere intellegibile il mondo. Da qui nasce il desiderio di educazione, per cosi dire, di qualcosa che ci conduca fuori dalla foresta oscura della nostra farraginosa ignoranza verso la luce della comprensione. Ho detto che un’educazione puramente scientifica non ci può aiutare in questo perchè ha a che fare soltanto con idee di know-how, mentre noi abbiamo bisogno di capire perchè le cose sono come sono e che cosa dobbiamo fare con le nostre vite. Quello che impariamo, studiando una particolare scienza, è, in ogni caso, troppo specifico e specialistico per i nostri scopi più ampi. Perciò ci rivolgiamo alle discipline umanistiche per avere una visione chiara delle grandi e vitali idee della nostra epoca. E perfino nelle discipline umanistiche potremmo restare impantanati in una massa di erudizioni specialistiche che ci riempiono la mente di una quantità di piccole idee altrettanto inappropriate come quelle che potremmo trovare nelle scienze naturali.
Ma potremmo anche essere più fortunati (se di fortuna si tratta) e trovare un maestro che ci “illuminerà la mente” e renderà chiare le idee- quelle grandi e universali idee che già esistono– e in tal modo ci renderà il mondo intelligibile.
Un tale processo meriterebbe davvero di essere chiamato “educazione”. E che cosa otterremmo oggi? Una visione del mondo come una terra desolata in cui non c’è né significato né scopo, in cui la consapevolezza umana è uno sfortunato accidente cosmico, in cui angoscia e disperazione sono le uniche ultime realtà. Se attraverso una vera educazione l’uomo riuscisse a scalare quelle che Ortega chiama ”le cime dei nostri tempi” si troverebbe in un nulla abissale. Potrebbe udire l’eco di Byron:
<Dolore è conoscenza; coloro che più sanno
Più intensamente debbono piangere sulla fatale verità
L’Albero della Conoscenza non e’ quello della Vita>
.
In altre parole, perfino una educazione umanistica,elevandoci all’altezza delle idee dei nostri tempi, non porterebbe niente di buono, perchè quello che gli uomini sono assolutamente legittimati a chiedere è una vita più ricca e non il dolore.
Che cosa e’ successo? Come e’stato possibile ?
Le idee guida del XIX secolo che pretendevano di abbandonare la metafisica, erano esse stesse un genere di metafisica cattivo, pericoloso e distruttivo.
Noi ne stiamo ancora soffrendo come di una malattia mortale.
Non e’ vero che la conoscenza e’ dolore. Ma errori velenosi portano dolore illimitato nella terza e nella quarta generazione. Gli errori non sono nella scienza ma nella filosofia proposta in nome della scienza Come Etienne Gilson sostenne più di vent’anni fa:
<Un simile sviluppo non era in alcun modo inevitabile, ma la progressiva crescita della scienza lo rese sempre più probabile. L’interesse crescente degli uomini per i risultati pratici della scienza era in sé naturale e legittimo, ma li ha aiutati a dimenticare che la scienza è conoscenza e i risultati pratici niente altro che i suoi risultati....Prima del loro inaspettato successo nel trovare le spiegazioni conclusive del mondo materiale, gli uomini hanno cominciato a disprezzare tutte le discipline in cui tali dimostrazioni non potevano essere trovate, o a ricostruire quelle discipline secondo i modelli delle scienze fisiche. Di conseguenza, la metafisica e l’etica dovevano essere o ignorate o, almeno, sostituite dalle nuove scienze positive; in tutti e due i casi, sarebbero state eliminate. Una mossa veramente rischiosa, che e’ responsabile della posizione pericolosa in cui la cultura occidentale si trova adesso.”
Non e’ nemmeno vero che la metafisica e l’etica sarebbero state eliminate. Al contrario, tutto quello che abbiamo ottenuto è una cattiva metafisica e un’etica che sgomenta.Egli deplorava “l’abisso di incomprensione reciproca” tra i due gruppi e voleva che fosse colmato. E’ perfettamente chiaro come pensava che questa operazione dovesse essere fatta; l’obiettivo della sua politica educativa avrebbe, innanzi tutto, formato <quanti più scienziati possibile>; avrebbe <addestrato strati più ampi di professionisti> a fare ricerca di base, design di alto livello e sviluppo; terzo, avrebbe preparato <migliaia e migliaia di altri scienziati ed ingegneri>; infine, avrebbe educato <politici, amministratori, un’intera comunità a una conoscenza della scienza sufficiente per avere un senso di quello di cui gli scienziati parlano>
Se questo quarto ed ultimo gruppo può essere educato almeno ad “avere il senso” di ciò di cui la gente comune, gli scienziati e gli ingegneri parlano - così sembra suggerire Lord Snow- l’abisso di reciproca incomprensione tra Le Due Culture può essere colmato.
Queste idee sull’ educazione che rappresentano molto bene il nostro tempo, ci lasciano con la sgradevole sensazione che l’uomo comune, i politici, gli amministratori e così via- non siano di molta utilità; che non abbiano raggiunto la meta: ma, almeno, dovrebbero avere un senso di quello che sta succedendo e sapere che cosa vogliono dire gli scienziati quando parlano- per citare l’esempio di Lord Snow- della Seconda legge della Termodinamica.
E’ una sensazione sgradevole, perchè gli scienziati non si stancano mai di dirci che i frutti del loro lavoro sono ”neutrali”: che arricchiscano l’umanità o la distruggano, dipende dall’uso che se ne fa. Chi è che decide come usarli? Non c’è niente nella formazione di scienziati e ingegneri che li metta in grado di prendere una tale decisione, altrimenti, che ne è della neutralità della scienza?
Se tanta importanza viene oggi data al potere dell’educazione al fine di rendere capace la gente comune di affrontare i problemi creati dal progresso scientifico e tecnologico, ci deve essere allora qualcosa di più nell’educazione di quanto suggerisce Lord Snow.
Sentiamo la gente dire: “ma, non lo so”, una protesta impotente contro la non intelleggibilità del mondo così come lo incontriamo. <La filosofia, come i Greci la concepivano> scrive il prof.Kuhn <È uno sforzo della mente umana di interpretare un sistema di segni e in tal modo relazionare l’uomo al mondo come ordine comprensibile al cui interno gli è assegnato un posto.> La cultura classica cristiana del tardo Medio Evo aveva fornito all’uomo una interpretazione dei segni completa e sorprendentemente coerente, un sistema di idee vitali che davano un’immagine dettagliata dell’uomo, dell’universo, e del posto dell’uomo nell’universo.
Questo sistema, comunque, è stato demolito e ridotto in frantumi e il risultato è stato lo stupore e l’estraneamento, mai posto in modo più drammatico di come ha fatto Kirkegaard nella metà dell’ultimo secolo: <Uno infila un dito nel terreno per riconoscere dall’odore in quale terra si trova: infilo un dito nell’esistenza- non odora di niente. Dove sono? Chi sono? Da dove vengo? Che cosa è questa cosa chiamata mondo? Che cosa significa questo mondo? Chi è che mi ha catturato in questa cosa ed ora mi lascia li?....Come sono venuto al mondo? Perchè non sono nemmeno stato consultato.....ma sono stato spinto invece nei ranghi come se fossi stato comprato da un rapitore di bambini, un venditore di anime? Come ho trovato interesse in questa grande rappresentazione che chiamano realtà? Perchè dovrei avere interesse per essa? Non si tratta di un fatto volontario? E se sono obbligato a parteciparvi, dov’è il regista? .....Dove dovrei rivolgermi per esprimere le mie lamentele?>
Forse non c’e’ nemmeno un regista. Bertrand Russel disse che l’universo intero e’ semplicemente <il risultato di una disposizione accidentale di atomi> e affermò che le teorie scientifiche che portano a questa conclusione <se non completamente fuori discussione, sono quasi tanto certe che nessuna filosofia che le rigetti può sperare di sopravvivere...Soltanto sulle solide fondamenta di una disperazione insopportabile l’abitazione dell’anima può da qui in avanti- essere costruita in modo sicuro.> Sir Fred Hoyle, l’astronomo, parla della <situazione davvero terrificante in cui ci troviamo. Eccoci qui in questo fantastico universo con appena un’indizio della possibilità che la nostra esistenza abbia alcun significato reale.>
Oppure, improvvisamente, tutto ciò si trasforma- come ho già ricordato- nell’adozione fervente di insegnamenti fanatici che, attraverso una mostruosa semplificazione della realtà, fingono di rispondere a tutte le domande. Gli storici sanno che gli errori della metafisica possono portare alla morte. R.G.Coleridge scrisse: <La diagnosi - fatta dai Padri della Chiesa- della decadenza della civiltà greco-romana, attribuisce quell’ evento a una malattia metafisica....Non fu l’invasione dei barbari a distruggere il mondo greco-romano.....La causa fu una causa metafisica. Il mondo pagano stava fallendo nel tenere in vita le proprie fondamentali convinzioni, [scrissero i Padri] perchè a causa degli errori fatti dall’analisi metafisica, era diventato confuso proprio dire quali fossero queste convinzioni...Se la metafisica fosse stata semplicemente un lusso intellettuale, ciò non avrebbe avuto importanza>.
Questo passaggio può essere applicato, senza alcun cambiamento- alla civiltà odierna Noi siamo confusi rispetto a quali siano davvero le nostre convinzioni.
Le grandi idee del XIX secolo possono riempirci la mente in un modo o nell’altro, ma i nostri cuori non ci credono comunque.
Sono la mente e il cuore ad essere in guerra tra loro, non la ragione e la fede, come comunemente si afferma. La nostra ragione è oscurata da una fede straordinaria, cieca e irragionevole in una serie di fantastiche idee che distruggono la vita ereditate dal XIX secolo. Il principale compito della nostra ragione è il recupero di una fede più vera di quella.
L’educazione non può aiutarci finché non restituisce spazio alla metafisica. Che le materie insegnate siano quelle della scienza o delle discipline umanistiche, se l’insegnamento non porta a una chiarificazione della metafisica, cioè a dire, delle nostre fondamentali convinzioni, non può educare un uomo e conseguentemente, non può avere alcun valore reale per la società.
Spesso si afferma che l’educazione sta crollando a causa della iper- specializzazione. Ma questa è solo una diagnosi parziale e fuorviante.
La specializzazione non è in sé un principio educativo sbagliato.
Quale sarebbe l’alternativa: una superficiale conoscenza amatoriale di tutte le principali discipline? O un lungo studium generale in cui si è obbligati a perdere tempo annusando discipline che non si desidera conoscere, mentre si e’ tenuti lontani da ciò che veramente si vuole imparare? Questa non può essere la risposta giusta dal momento che può portare soltanto al tipo di uomo intellettuale che il Cardinal Newman condannava-
<…. un intellettuale, come il mondo di oggi lo concepisce....uno pieno di ‘punti di vista’ su tutti gli argomenti della filosofia, su tutti i fatti del giorno.>
Questo è un segno di ignoranza piuttosto che di conoscenza.
<Debbo insegnarvi il significato di conoscenza?> disse Confucio.
<Quando sai una cosa, riconoscere di saperla, e quando non la sai, sapere di non saperla: questa è la conoscenza>
La colpa non è della specializzazione ma della mancanza di profondità con cui le discipline vengono di solito presentate e l’assenza di consapevolezza metafisica.
Le scienze vengono insegnate senza alcuna consapevolezza dei presupposti della scienza, del significato e delle implicazioni delle leggi scientifiche e del posto occupato dalle scienze naturali all’interno della totalità del cosmo del pensiero umano. Il risultato è che i presupposti della scienza vengono normalmente confusi con le sue scoperte.
L’economia viene insegnata senza alcuna consapevolezza della visione della natura umana che è alla base della teoria economica del nostro tempo.
Molti economisti infatti sono essi stessi inconsapevoli del fatto che tale visione è implicita nei loro insegnamenti e che quasi tutte le loro teorie cambierebbero se quella visione cambiasse.
Come potrebbe esserci un insegnamento razionale della politica senza riportare tutte le questioni alle loro origini metafisiche?
Il pensiero politico non può che essere necessariamente confuso e alla fine incomprensibile se c’è un continuo rifiuto ad ammettere lo studio serio dei problemi metafisici ed etici che vi sono implicati. La confusione è già tanto grande che è legittimo dubitare del valore educativo dello studio di molte delle cosiddette discipline umanistiche.
Dico “così dette” perchè una disciplina che non rende esplicita la sua visione della natura umana può difficilmente essere chiamata umanistica.
Tutte le discipline, non importa quanto specialistiche, sono connesse con un centro; sono come i raggi che emanano dal sole. Il centro è costituito dalle nostre basilari convinzioni, da quelle idee che davvero hanno il potere di muoverci. In altre parole il centro consiste di metafisica ed etica, di idee che- ci piaccia o no- trascendono il mondo dei fatti.
Poichè trascendono il mondo dei fatti, non possono essere approvate o disapprovate dal metodo scientifico comune. Ma ciò non significa che siano puramente “soggettive” o “relative’ o semplicemente convenzioni arbitrarie. Debbono essere fedeli alla realtà, sebbene trascendano il mondo dei fatti: un apparente paradosso per i nostri pensatori positivisti. Se non sono fedeli alla realtà, aderire a tale insieme di idee inevitabilmente porta al disastro.
L’educazione ci aiuta se produce “uomini interi”. L’uomo veramente educato non è un uomo che conosce un pò di ogni cosa, né un uomo che conosce i dettagli di ogni disciplina (ammesso che sia possibile): “l’uomo intero” infatti può avere poca conoscenza dettagliata dei fatti e delle teorie, può tenere l’Enciclopedia Britannica perchè “lei sa e a lui non serve”, ma sarà veramente a contatto con il centro.
Non avrà dubbi sulle sue convinzioni, sulla sua visione del significato e dello scopo della sua vita. Può non essere capace di spiegare queste cose con le parole, ma la condotta della sua vita mostrerà una certa sicurezza del tocco che deriva dalla sua chiarezza interiore. Cercherò di spiegare un po’ meglio che cosa si intende per ‘centro’.
Tutta la attività umana insegue qualcosa che si pensa sia buono. Questa non e’ niente di più che una tautologia, ma ci aiuta a porre la domanda giusta: ”Buono per chi?” “Buono per la persona che lo sta inseguendo”. Perciò a meno che quella persona non abbia ordinato e coordinato i suoi molteplici bisogni, impulsi e desideri, i suoi sforzi sono probabilmente confusi, contraddittori, frustranti e probabilmente auto distruttivi.
Il “centro” ovviamente,è il luogo in cui l’uomo deve creare per se stesso un sistema ordinato di idee su se stesso e sul mondo, che regolino la direzione dei suoi vari sforzi.
Se non ci ha mai pensato (perchè è sempre troppo impegnato con cose più importanti, o perchè è orgoglioso di pensare “ umilmente”a se stesso come un agnostico), il centro non sarà comunque vuoto: sarà pieno di tutte quelle idee vitali che, in un modo o nell’altro, sono filtrate nella sua mente durante gli anni bui.
Ho cercato di descrivere quali sono, oggi, quelle idee: una totale negazione del significato e dello scopo dell’esistenza umana sulla terra che porta alla disperazione totale di chiunque creda in esse. Fortunatamente, come ho detto, il cuore spesso è più intelligente della mente e rifiuta di accettare queste idee con tutto il loro peso. Così l’uomo si è salvato dalla disperazione ma è atterrato nella confusione. Le sue convinzioni fondamentali sono confuse e incerte e di conseguenza lo sono anche le sue azioni.
Se soltanto lasciasse cadere sul centro la luce della consapevolezza e affrontasse la questione delle sue fondamentali convinzioni, potrebbe creare ordine dove c’è disordine. Questo potrebbe “educarlo” nel senso di condurlo fuori dal buio della sua confusione metafisica.
Non credo comunque che ciò si possa ottenere, senza che egli accetti consapevolmente- anche se soltanto provvisoriamente- un numero di idee metafisiche che sono quasi direttamente opposte alle idee (sbocciate nel XIX secolo) che hanno alloggiato nella sua mente.
Farò tre esempi.
Mentre le idee del XIX secolo negano o cancellano la gerarchia dei livelli nell’universo, la nozione di un ordine gerarchico è un indispensabile strumento della comprensione. Senza il riconoscimento dei ”livelli dell’Essere” e dei “gradi di significato” non possiamo rendere intelleggibile il mondo a noi stessi né avere la minima possibilità di definire la nostra propria posizione, la posizione dell’uomo, nello schema dell’universo.
E’ solo quando riusciamo a vedere il mondo come una scala, e quando riusciamo a vedere la posizione dell’uomo nella scala, che noi possiamo riconoscere un compito significativo della vita dell’uomo sulla terra. Forse è un compito dell’uomo – o semplicemente, se volete, la felicità dell’uomo- il raggiungimento di un grado più alto di realizzazione delle sue potenzialità, un livello più alto dell’essere o del “grado di significato” di quello che gli è dato ”naturalmente”: non possiamo nemmeno studiare questa possibilità se non riconoscendo l’esistenza di una struttura gerarchica. Fino a che interpreteremo il mondo attraverso le grandi e vitali idee del XIX secolo, saremo ciechi a queste differenze di livello, perchè siamo stati accecati.
Non appena accettiamo l’esistenza dei “livelli dell’essere” possiamo subito capire, ad esempio, perchè i metodi della fisica applicata non possono essere applicati allo studio della politica o dell’economia, o perchè le scoperte della fisica- come ha riconosciuto Einstein- non hanno alcuna implicazione filosofica.Se noi accettiamo la divisione Aristotelica della filosofia in ontologia ed epistemologia, l’affermazione dell’esistenza dei i livelli dell’essere è una affermazione ontologica; adesso ne aggiungo una epistemologica: la natura del nostro pensare è tale che non possiamo fare a meno di pensare per opposti.
E’ abbastanza facile vedere che durante tutta la nostra vita noi ci troviamo di fronte al compito di riconciliare gli opposti che, nel pensiero logico, non possono essere riconciliati. I tipici problemi della vita sono insolubili al livello dell’essere nel quale normalmente ci troviamo. Come si possono riconciliare le richieste di libertà e la disciplina nell’educazione? Numerose madri e insegnanti lo fanno, infatti, ma nessuno sa descrivere la soluzione. Lo fanno portando nella situazione una forza che appartiene a un più alto livello dove gli opposti vengono trascesi- il potere dell’amore.
G.N.M. Tyrell ha proposto i termini “divergente” e “convergente” per distinguere i problemi che non possono essere risolti attraverso il ragionamento logico da quelli che possono.
La vita è mantenuta in movimento dai problemi divergenti che debbono essere “vissuti” e si risolvono solo con la morte. I problemi convergenti, invece, sono la più utile invenzione umana; non esistono, in quanto tali, nella realtà, ma vengono creati da un processo di astrazione. Quando sono stati risolti, la soluzione può essere scritta e passata ad altri che possono applicarla senza bisogno di riprodurre lo sforzo necessario per trovarla. Se questo fosse il caso delle relazioni umane nella vita familiare, nell’economia, nella politica, nell’educazione e così via, ebbene, non so come finire la frase.
Non ci sarebbero più relazioni umane ma soltanto reazioni meccaniche; la vita sarebbe una morte vivente. I problemi divergenti, costringono l’uomo a estendersi a un livello al di sopra di sé; richiedono e provocano il contributo di forze da un livello superiore portando così amore, bellezza, bontà e verità nelle nostre vite. E’ solo con l’aiuto di queste forze che gli opposti possono essere riconciliati nella situazione vivente.
Le scienze della fisica e la matematica hanno a che fare soprattutto con problemi convergenti. E’ per questo che possono progredire per accumulazione e ogni generazione può cominciare proprio da dove i predecessori hanno lasciato. Il prezzo è comunque alto. Trattare esclusivamente problemi convergenti non porta nella vita, ma lontano da essa.
<Fino all’età di 30 anni,o forse più -scrisse Charles Darwin nella sua autobiografia- ogni genere di poesia....mi piaceva molto e perfino da scolaro sentivo una gioia intensa nel leggere Shakespeare, specialmente le sue opere storiche. Ho anche detto che in passato la pittura e la musica mi davano un piacere grandissimo. Oggi e da molti anni, invece, non sopporto di leggere nemmeno una strofa di poesia: ho provato recentemente a leggere Shakespeare e l’ho trovato cosi insopportabilmente noioso da farmi venire la nausea. Ho anche perso qualunque gusto per la pittura e la musica....La mia mente sembra essere diventata una macchina per setacciare le grandi leggi da una grande collezione di fatti, ma perché questo abbia causato l’atrofia solo di quella parte del cervello da cui dipendono le inclinazioni più alte, non riesco a capirlo...
La perdita di quei talenti è una perdita della felicità e può anche essere dannosa per l’intelletto e più sicuramente per il carattere morale, poiché indebolisce la parte emozionale della nostra natura.>
Questo impoverimento, descritto da Darwin in modo tanto commovente, finirà col sopraffare tutta la nostra civiltà se permetteremo alle attuali tendenze di continuare con quella che Gilson chiama “l’estensione della scienza positiva ai fatti sociali”. < Tutti i problemi divergenti possono diventare problemi convergenti per un processo di “riduzione”.>
Il risultato, comunque è la perdita di tutte le qualità più elevate che nobilitano la vita dell’uomo ottenendo in cambio il degrado, non solo della parte emozionale della nostra natura ma anche, come ha percepito Darwin, del nostro intelletto e del carattere morale.
I segni oggi sono molto visibili. I veri problemi del vivere- nella politica, nell’economia, nell’educazione, nel matrimonio, etc.- sono sempre problemi di superamento o riconciliazione degli opposti. Sono problemi divergenti e non trovano soluzione nel senso comune della parola. Richiedono all’uomo non solo l’impiego dei suoi poteri razionali ma l’impegno della sua intera personalità. Naturalmente, vengono sempre proposte soluzioni spurie, attraverso formule brillanti, ma queste non funzionano a lungo poiché, invariabilmente trascurano uno dei due opposti perdendo in tal modo proprio la qualità della vita umana. In economia, la soluzione offerta può provvedere alla libertà ma non alla pianificazione, o viceversa. Nell’organizzazione industriale può provvedere alla disciplina ma non alla partecipazione dei lavoratori alla gestione o viceversa. Nella politica, può provvedere alla leadership senza democrazia, o, di nuovo, alla democrazia senza leadership. Essere alla prese con i problemi divergenti tende a diventare estenuante, preoccupante e noioso. Perciò la gente cerca di evitarli e li sfugge. Un indaffarato dirigente che ha avuto a che fare con problemi divergenti tutto il giorno, nel suo viaggio di ritorno a casa, leggerà un romanzo giallo o risolverà un problema di parole crociate. Perchè tutti e due presentano problemi convergenti e questo è rilassante.
Richiedono un po’ di lavoro del cervello, anche difficile, ma non richiedono di sforzarsi per tendere a un livello superiore che è la sfida specifica posta da un problema divergente, un problema in cui gli opposti non riconciliabili devono essere riconciliati. Ma sono solo questi ultimi che costituiscono la sostanza vera della vita.
Infine, arrivo alla terza classe di nozioni che appartengono veramente alla metafisica, sebbene vengano sempre considerate separatamente, cioè all’etica. Le più potenti idee del XIX secolo, come abbiamo visto, hanno negato o almeno oscurato l’intero concetto dei ”livelli dell’essere” e l’idea che alcune cose siano più elevate di altre. Questo ha naturalmente significato la distruzione dell’etica che è basata sulla distinzione tra bene e male e afferma che il bene è più elevato del male.
Ancora una volta, le colpe dei padri sono ricadute sulla terza e la quarta generazione che adesso si trovano a crescere senza istruzioni morali di alcun genere. Coloro che concepirono l’idea che “ la moralità è un non senso” lo fecero con una mente attrezzata di idee morali.
Ma le menti della terza e della quarta generazione non lo sono più: sono piene di idee concepite nel XIX secolo, in particolare l’idea che “la moralità è un non senso”, che tutto quello che all’apparenza è più elevato, non è davvero altro che qualcosa di basso e volgare.
La confusione che ne è derivata è indescrivibile.
Qual’è il Leitbild, come dicono i tedeschi, l’immagine-guida, secondo cui i giovani potrebbero provare a formarsi ed educarsi? Non c’è, o piuttosto, c’è un cumulo tale e una confusione tale di immagini che non ne viene fuori alcuna immagine-guida sensata. Gli intellettuali, la cui funzione sarebbe quella di selezionare queste cose, passano il tempo a proclamare che tutto è relativo- o qualcosa di simile. Oppure trattano le questioni etiche nei termini del più disinvolto cinismo.
Far un esempio a cui ho già accennato prima. E’ significativo perchè viene da uno degli uomini più influenti del nostro tempo, Lord Keynes. <Per almeno altri cento anni> scrisse <dobbiamo fingere con noi stessi e con gli altri che il bello è osceno e che l’osceno è bello; perchè l’osceno è utile e il bello non lo è. Avarizia, usura e precauzione debbono essere ancora per un po’ i nostri dei> Quando uomini grandi e intelligenti parlano così, non possiamo sorprenderci se nasce una certa confusione tra il bello e l’osceno che porta al discorso incomprensibile- fin tanto che le cose sono tranquille- e al crimine, quando cominciano a movimentarsi. Che avarizia, usura e precauzione (sicurezza economica) dovrebbero essere i nostri déi fu semplicemente una idea brillante per Keynes; sicuramente i suoi dèi erano più nobili. Ma le idee sono le cose più potenti della terra e non è un’ esagerazione dire che al momento gli déi che egli raccomandò sono stati messi sul trono. In etica e in tanti altri campi, abbiamo abbandonato in modo azzardato e deliberatamente, la nostra grande eredità classica-cristiana. Abbiamo perfino svalutato le parole stesse senza le quali non si può portare avanti un discorso etico, parole come virtù, amore, temperanza. Come risultato, siamo totalmente ignoranti, totalmente ineducati in una materia che, di tutte le materie concepibili, la più importante. Non abbiamo idee con cui pensare e perciò siamo soltanto pronti a credere che l’etica sia un campo in cui pensare non fa bene. Chi conosce qualcosa oggi dei sette vizi capitali o delle quattro virtù cardinali? Chi potrebbe anche solo nominarle? E se rispetto a queste venerabili, vecchie idee, si pensa che non valga nemmeno la pena considerarle, quali nuove idee hanno preso il loro posto? Che cosa deve prendere il posto dello spirito e della metafisica che distrugge la vita, ereditate dal XIX secolo? Il compito della nostra generazione, non ho alcun dubbio, è una ricostruzione della metafisica. Non è che dobbiamo inventare niente di nuovo; allo stesso tempo non è sufficiente semplicemente ritornare alle vecchie formulazioni. Il nostro compito e il compito di tutta l’educazione è quello di capire il mondo presente, il mondo in cui viviamo e facciamo le nostre scelte.
I problemi dell’educazione sono semplicemente i riflessi dei problemi più profondi della nostra epoca. Non possono essere risolti dall’organizzazione, dall’amministrazione o dal consumo di denaro, anche se l’importanza di tutto ciò non può essere negata.
Noi stiamo soffrendo di una malattia metafisica e la cura deve perciò essere metafisica.
L’educazione che fallisce nel chiarire le nostre convinzioni centrali è puro addestramento o indulgenza. Perchè sono queste convinzioni ad essere in disordine e fino a che il carattere antimetafisico del presente persiste, il disordine continuerà ad aumentare. L’educazione, lungi dall’essere considerata la risorsa umana più grande, diventerà allora un agente di distruzione. (corruptio optimi pessima).

estratto da: E.F. Schumacher, Small is beautiful: A Study of Economics As If People Mattered, 1973



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